Luca Pietro Nicoletti - Storico dell'Arte

Il lessico dell’informale ha sdoganato, a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, e in certi casi anche prima e a prescindere dal conflitto, un vasto repertorio di segni impressi sulla tela e di modi di ricorrere agli impasti e alle seduzioni della materia. Era un gesto di assoluta libertà che rapidamente aveva corso il rischio di diventare un nuovo manierismo, uno “stylish style” in cui l’invenzione linguistica aveva preso il sopravvento sulle intenzioni di contenuto.

È una domanda che ci si deve sempre porre quando si fanno i conti con la pittura priva di soggetto, quando diventa ancora più urgente domandarsi che cosa l’opera rappresenti e quale stato emotivo sta a sollecitare. Angela Asatryan lavora sull’epidermide della pittura, in modo, trasformando il campo visivo in una vera e propria parete: il supporto, insomma, non cerca in alcun modo di diventare una finestra aperta su uno spazio prospettico, piuttosto si dichiara in quanto superficie bidimensionale pronta ad accogliere un intervento di gesto e di colore.

In questo modo, Angela lavora sulla stratificazione, come se il supporto fosse un deposito di memorie gestuali, o meglio ancora di interventi e di processi creativi. La pittura, in fondo, diventa un vero e proprio corpo a corpo di cui dichiara apertamente le proprie “ferite”, la propria processualità in fieri. In questo contesto, si potrebbero distinguere dei filoni più definiti, da effusioni più liriche e distese a tentativi di concentrazione compositiva in elementi più definiti. Il discrimine sta nella scelta di trattare la tela come superficie, lasciando che il riverbero e la marezzatura data dalla stratificazione, dal colore tirato dalla spatola o graffiato, crei un effetto retinico; oppure di creare una gerarchi tra figura e sfondo a favore della prima, che si sovrappone dunque come un’immagine nell’atto di concretizzarsi sotto gli occhi del fruitore.

In entrambi i casi, in nome del colore e dell’accordo tonale, la pittura di Angela Alissa si conferma come esperienza totalmente visiva, fatta per una perlustrazione palmare della tesa capace di apprezzare, oltre allo sguardo d’insieme, il dettaglio di pittura. Questa, a quel punto, si trasforma in un territorio da sondare palmo a palmo, come a voler ritagliare all’interno dell’insieme, con sguardo aptico, quei brani di pittura che più sollecitano la propria attenzione: come un quadro nel quadro, o meglio come una miriade di possibili quadri che si rinnovano a ogni nuova avventura dello sguardo.

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